Caravaggio, San Tommaso
Vento largo entra nel suo decimo anno. Scopo del blog era far circolare idee e suscitare discussioni. Qualche volta ci riusciamo e la cosa, ovviamente, ci fa molto piacere. Ieri un post dedicato ai Catari ha visto reazioni contrastanti. Per Guido Araldo il testo di riferimento dei Catari non è il Vangelo di San Giovanni, ma quello apocrifo di Tommaso. Ne deriva di conseguenza il carattere gnostico di questo movimento religioso. Una tesi argomentata con grande ricchezza di idee e di riferimenti culturali nel testo che proponiamo oggi agli amici che ci seguono.
Guido Araldo
San Tommaso
In Occidente la fama di san Tommaso è legata a un brano del Vangelo secondo san Giovanni (20, 24-29) per aver dubitato, di fronte a Gesù risorto, della sua resurrezione. Forse non aveva tutti i torti. In realtà san Tommaso può essere ritenuto importante per due dei tre Vangeli a lui attribuiti, entrambi gnostici, più un suo Apocalisse e per gli Atti sempre a lui risalenti.Trattasi del Vangelo secondo Tommaso o Quinto Vangelo, il libro del contendente noto anche come il libro dell’atleta Tommaso e l’Apocalisse di Tommaso.
Soltanto Giovanni, tra gli evangelisti, ricorda l’apostolo Tommaso, il cui nome in aramaico significa "gemello", corrispondente a Didimo in greco; mentre gli altri evangelisti “ufficiali”, Marco Matteo e Luca si limitano ad annoverarlo tra i dodici apostoli.
Analizzando tutti i testi evangelici si evince una contraddizione di fondo tra cristiani gnostici e cristiani ortodossi o cattolici. I primi, infatti, erano esoterici, mentre gli altri protendevano per una diffusione essoterica del messaggio cristiano, cioè aperta a tutti, non limitata ad iniziati.
Gli gnostici, per loro stessa impostazione culturale, erano disinteressati, se non contrari, alla formazione di caste sacerdotali che avrebbero finito per monopolizzare il cristianesimo, imbrigliandolo e trasformandolo in uno strumento di potere. Una funzione non trascurabile del Vangelo secondo san Giovanni sarà quella di designare, tramite la parola di Gesù, le figure degli apostoli e dei loro successori, in seguito i vescovi, come gli unici capaci di rimettere l'uomo i propri peccati (20,22/23), in grado di poter giudicare e salvare l'anima. Questo tardo vangelo, ovviamente il più importante, determinerà un cambiamento radicale nel cristianesimo. Permetterà a una Chiesa trionfante e intollerante di costituire una casta sacerdotale millenaria, dotata di un potere enorme, spirituale politico economico su tutti i cristiani.
A questo punto il vangelo secondo Tommaso era scomodo. Tommaso, l'apostolo più onesto e meno credulone, che non terrorizza gli uomini con l’incubo di un giudizio universale, che nel suo vangelo rivendica il nosci te ipsum, la necessità di conoscere se stessi prima di diventare cristiani, colui che afferma che il regno dei cieli non è altrove, ma qui sulla terra, dentro di noi, deve essere dimenticato anzi, i suoi seguaci devono essere perseguitati.
Vangelo di Tommaso
Cosa c’insegna Tommaso? Che per redimerci, per rinascere, la vera resurrezione non riguarda Gesù, ma tutti noi: la fiammella divina che sta in noi e che non possiamo lasciare spegnere simile a Lucignolo in Pinocchio, diventando ciuchi. Chi non compirà questo percorso rimarrà ignorante di se stesso e non incontrerà Dio. La purezza di Tommaso non è adatta a formare una chiesa potente, assoluta. Colui che veneriamo come santo: Ambrogio di Milano, fu il più accanito nemico del vangelo di Tommaso, fino ad indurre lo stesso imperatore, sul quale esercitava un’indubbia ascendenza, a decretare la pena di morte per chiunque venisse trovato in suo possesso. La stessa persecuzione attuata novecento anni dopo da papa Innocento III, il più assolutista tra i papi, nel confronto dei Catari, eredi del Vangelo secondo San Tommaso.
Numerosi furono i seguaci di san Tommaso agli albori del cristianesimo, soprattutto nella parte occidentale dell’impero romano d’Occidente, nelle Gallie, inclusa l’Italia Settentrionale, in Spagna e in Britannia. Non a caso Ireneo, vescovo di Lione e primate delle Gallie, campione della nuova casta sacerdotale “ortodossa e cattolica”, già nell’anno 180 non esita a porre il suo vangelo nella lista dei libri eretici da bruciare (Adversus haereses). Forse non è un caso se la tradizione postuma vuole san Tommaso apostolo in Persia e in India, il più lontano possibile dalle Gallie, dalla Spagna e dalla Britannia.
Emblematico il passo dell’incredulità di Tommaso nel Vangelo secondo san Giovanni: Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli rispose: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi si rivolse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù allora gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
Tommaso dimostra di non avere fede! Di non credere per sentito dire. È uomo di conoscenza. Esempi di fede sono quelli di Abramo e più ancora Isacco. E l’evangelista Giovanni condanna questo desiderio di verifica, includendo in questa condanna qualsiasi ricerca razionale di conoscenza tra uomo e Dio, cara agli gnostici. Secondo san Giovanni si deve credere ciecamente al messaggio cristiano della resurrezione e non dubitare e cercare di capire. Proprio questo passo evangelico attesta come il Vangelo di Giovanni sia inequivocabilmente postumo rispetto al Vangelo di Tommaso e ne costituisca una critica. Lo stesso accenno ai chiodi è indiretta testimonianza di un vangelo tardo, elaborato in occasione del Concilio di Nicea, quando non si ricorreva più alla crocefissione come pena di morte: nei secoli precedenti il tormento della croce avveniva per appendimento, con corde, rarissimo se non ignoto l’uso dei chiodi.
Il Concilio di Nicea
La fede! Nel suo trionfo sugli gnostici il cristianesimo ufficiale decretò la fine non soltanto dei miti classici, sostituiti da racconti biblici con la nuova cosmogonia della Genesi, ma il trionfo della pistis: quel credere che per gli gnostici, amanti del logos, è senza ragione, per sentito dire, proprio come nella vicenda di san Tommaso: il livello più basso della conoscenza umana, tipico degli incolti (l’atto d’accusa mosso da Celso ai Cristiani fanatici: Il discorso di verità). Il mondo romano, spiccatamente universalista, che aveva forgiato il grande impero cominciava lentamente a collassare nel proprio interno attraverso una lunga regressione culturale: un’esperienza mai più sperimentata nella storia, se non in questi tempi con la società planetaria, Come non ricordare le parole di Giacomo Leopardi? “Quello che uccideva il mondo era la mancanza dell’illusione. Il cristianesimo lo salvò non con una verità, ma con una nuova illusione”.
In realtà, tanto successo fu determinato dall’abbandono dell’esoterismo culturale, che inizialmente caratterizzava il cristianesimo, per un essoterismo volgare e generalizzato: non più sacre iniziazioni individuali con relativi percorsi di maturazione interiore, ma la facile promessa dell’immortalità a una popolazione analfabeta, amorfa e denazionalizzata. Un abisso tra la bellezza dell’estasi gnostica, comprensibile a pochi iniziati, e il rassicurante e totalizzante profetismo testamentario, facilmente comprensibile a folle immense riunite in assemblee dominate da una casta sacerdotale che ripetitivamente si autoincensava in rituali scopiazzati dai misteri eleusini (il pane e il vino…).
Accadde così che universalmente s’impose un’ortodossia intesa come totale acquiescenza ai dettami della chiesa trionfante: “i principi del libero pensiero furono respinti nella convinzione che ogni conoscenza umana proviene da Dio”. Emblematiche a riguardo le conclusioni di Agostino da Ippona, secondo il quale la mente umana, gravata dal peccato originale, è limitata nella sua capacità di pensare autonomamente e necessita della guida dei sacerdoti. Per molti secoli ogni forma di pensiero indipendente fu brutalmente soppressa e tacciata d’eresia
Il Vangelo secondo Tommaso, recentemente scoperto in Alto Egitto a Nag Hammadi con altri vangeli gnostici, raccoglie 121 detti di Gesù, noti come loghia da logos. Molti studiosi lo ritengono tra i più antichi vangeli noti, se non il più antico, per la mancanza di una narrazione e per la sua stessa struttura totalmente indipendente dagli altri vangeli. Per alcuni studiosi potrebbe essere stato scritto mentre Gesù era ancora in vita, non essendoci cenno alcuno alla crocefissione. Inoltre il genere letterario di questo vangelo, “la collezioni di detti”, è tipica del I secolo: lo stesso uso di parabole, prive di digressione allegorica, attesta la sua precedenza rispetto i vangeli canonici.
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Un libro quasi privo di significato se non si tiene conto costantemente del percorso iniziatico esoterico: un messaggio che indica il Regno di Dio immanente nel mondo corrotto poiché opera di un demiurgo inferiore, e indica il modo per elevarsi da esso. Questo il regno dei cieli: la beatitudine interiore durante la vita terrena, preludio per una buona morte nella speranza della rinascita secondo la metempsicosi tipica delle dottrine neopitagoriche e neoplatoniche.
Nulla da condividere con il Paradiso e la resurrezione dei morti alla fine dei tempi. La luce di Gesù, autentica illuminazione, dev’essere cercata qui, sulla terra, e non in maniera propedeutica per l’accesso in un luogo fantasioso, immaginario, utopico. Il regno di Dio è dentro di noi e occorre scoprirlo ed esplorarlo in un percorso iniziatico costellato dai loghia sapienziali di Gesù riferiti in terza persona: "Gesù disse".
Il Vangelo secondo san Tommaso è probabilmente il più il più completo insegnamento gnostico del Cristianesimo. «Io vi darò ciò che occhio non ha veduto e orecchio non ha udito e mano non ha toccato e non ha mai dimorato nel cuore dell'uomo».
Come già accennato, il cristianesimo gnostico di questo Vangelo non prefigura la risurrezione dei corpi, ma una rinascita spirituale, assai simile ai mysteria eleusini e orfici. Un messaggio sospeso tra comunità esseniche, attive in Palestina ai tempi di Gesù, e confraternite gnostiche pitagoriche – platoniche, attive nella grande città di Alessandria in Egitto, per la comunanza d’ideali di povertà, vegetarianismo, astinenza sessuale, nella certezza di rinascita a nuova vita.
Lo gnosticismo, che fu una corrente di pensiero più greca che ebraica, caratterizzò il cristianesimo delle origini: ne costituì l’essenza, dotandolo di una religiosità fortemente iniziatica ed esoterica: più focalizzato sugli insegnamenti di Gesù che sulla sua vicenda terrena. Il Vangelo secondo Tommaso palesa una derivazione greca ermetica, priva della cosmologia mitologica di eoni, tipica in altri testi gnostici cristiani, che lo rende unico e straordinario.
Nel Vangelo di Tommaso Gesù è inteso come messaggero del Padre celeste in questo mondo ostile e malvagio, in cui l’umanità è bestia, peggiore delle stesse bestie. La sua missione non coinvolge l’intera umanità, irrimediabilmente perduta nel mondo malvagio di Yahweh: un’umanità che non può essere salvata, ma riguarda soltanto “gli eletti”: gli iniziati, i battezzati. In origine il battesimo era un rito fortemente iniziatico, che non differiva dai riti eleusini o orfici, concesso esclusivamente in età adulta soltanto a coloro che erano ritenuti idonei a riceverlo: i meritevoli. Soltanto in seguito, dovendolo impartire a masse ignoranti, fu svilito a pura formalità, e per essere infine riservato a neonati inconsapevoli.
Il Vangelo secondo Tommaso si presenza come una testimonianza diretta del Messia: «Sono queste le parole segrete che Gesù, il vivente, ha proferito e che Didimo Tommaso ha messo per iscritto». Identico incipit dell’altro vangelo attribuito a Tommaso, quello dell’atleta: «Sono queste le parole segrete che il Salvatore ha detto a Giuda Tommaso e che io stesso, Matteo, ho messo per iscritto, mentre passeggiavo, li udii discorrere insieme». In sintonia con il Vangelo di Giuda, anch’esso fortemente gnostico: «Spiegazione segreta della rivelazione che Gesù rese conversando con Giuda per una settimana, tre giorni prima di celebrare la Pasqua». Così pure nel vangelo gnostico di Maria, più precisamente Maria Maddalena: “Sorella, noi sappiamo che il Signore ti amava più delle altre donne. Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi. Quelle che tu conosci e che noi ignoriamo, che non abbiamo udito” domandò Pietro e Maria Maddalena rispose “Quello che a voi è nascosto io comunicherò!” Ma Pietro dubitava: Gesù ha forse parlato in segreto a una donna prima che a noi? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse l’ha anteposta a noi?”
A cosa alludono queste parole segrete? Si tratta di un messaggio diverso dai vangeli tradizionali canonici: la salvezza può essere conseguita tramite l’abbandono del mondo umano bestiale, percorrendo una via iniziatica soggettiva nella propria interiorità, per conseguire che cosa? Il nosce te ipsum tipico degli gnostici e riconoscersi nella bellezza sublime di figli del Padre celeste, dopo esserci lasciati alle spalle le seduzioni del demiurgo inferiore artefice di questo mondo, identificabile tanto negli Dei pagani quanto nel Dio mosaico dell’Antico Testamento. Così inizia l’evangelo di Tommaso, annunciante la buona novella: “Gesù disse: chiunque trovi la spiegazione di queste parole non gusterà la morte”. “Gesù disse: Colui che cerca non cessi di cercare, finché non avrà trovato e allora sarà commosso, e quando sarà commosso contemplerà e regnerà sul Tutto”.
Secondo questi insegnamenti l’itinerario iniziatico avviene attraverso alcune: la comprensione di se stessi, l’adeguamento del proprio comportamento ai loghia di Gesù annunciati dal Vangelo di Tommaso, la conseguente elevazione mistica, l’immedesimazione nella bellezza redentrice di Dio e la partecipazione consapevole all’universo cosmico caratterizzato da poesia armonia e amore.
Socrate
I testi gnostici attribuiti a Tommaso non furono estranei alla diffusione di una dottrina morale nota come encratismo: una religiosità nuova che, come già accennato, ebbe vasta diffusione nelle estreme terre occidentali dell’Impero Romano, soprattutto in Gallia, Spagna e Britannia, nei secoli III e IV, fino all’editto di Teodosio che decretò la pena di morte per tutti coloro che la professavano. Nel IV secolo Epifanio da Salamina attesta come gli Atti di Tommaso costituissero il testo più importante per i cristiani gnostici encratici. La parola greca enkràteia allude al «controllo di sé tramite la continenza», nell'accezione di Socrate, ovvero la capacità di padroneggiare istinti e passioni bestiali, intraprendendo un percorso iniziatico focalizzato eticamente sulla conoscenza di se stessi (il nosci te ipsum caro ai filosofi greci) alla ricerca della beatitudine del Padre Celeste.
Una ricerca gnostica intrisa di religiosità pauperistica, basata sulla purezza soggettiva in un mondo carnale dominato dal male: la stessa teologia che in seguito contraddistinse i Catari. Si tratta di un pensiero che ha le sue radici nella scuola pitagorica, fortemente iniziatica, nella rigorosa religiosità degli Esseni e nella scuola filosofica cinica che ebbe grande diffusione nell’Impero Romano.; forsanche nel remoto ascetismo indiano.
Tale fu la diffusione dell’encratismo cristiano connesso al vangelo di san Tommaso, che fu percepita come una minaccia per la classe sacerdotale sempre più trionfante, esattamente come accadde per i Catari nel XIII secolo. Quale parallelismo tra l’editto dogmatico dell’imperatore Teodosio e la crociata cismarina indetta contro gli albigesi da papa Innocenzo III. Il dogmatismo imposto dal Concilio di Nicea non tollerava altro che se stesso. Il cristianesimo, in origine simile a molti torrenti impetuosi (lo gnosticismo formato da innumerevoli limpidi ruscelli, fu imbrigliato da rigidi dogmi in un grande lento fiume che non avrebbe mai visto il mare della rinascita, per perdersi in un’immensa palude stagnante.
Gli gnostici encratici miravano alla purezza interiore, esattamente come i Catari, loro eredi, distaccandosi dalla materia corrotta e bestiale, opera del demiurgo malvagio artefice del mondo identificato in Yahweh negli gnostici cristiani e in Satana nei Catari. Come negare una velata sintonia con i riti orfici? Come non ricordare che la più antica raffigurazione di Gesù nelle catacombe di Domitilla corrisponde esattamente ad Orfeo: senza barba, giovane, con la lira in mano?
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Gli gnostici cristiani ambivano ravvivare la scintilla divina che sta in noi: l’apollineo cruore di Dioniso dei riti misterici, liberandola dalla materia corrotta del corpo forgiato dal fango del demiurgo inferiore, corrispondente alle ceneri dei Titani dello gnosticismo pitagorico – platonico. Nei casi estremi, rari, si spinsero all’eccesso, similmente ai Catari: non soltanto rifiutavano di nutrirsi della carne di altri esseri viventi, come peraltro consigliato dagli esseni, i pitagorici, i riti iniziatici diffusi nell’Impero Romano, ma si spinsero a contestare il matrimonio, l’unione carnale tra uomo e donna, e al limite rinunciavano a procreare.
Nell’Apocalisse di Tommaso, similmente all’Apocalisse di San Giovanni accettato a Nicea e tuttora testo fondamentale della Chiesa, echeggia fortissimamente “Hic sapientia est! Qui habet intellectum, computet numerum bestiae. Numerus enim hominis est et numerus eius sescenti sexaginta sex”: Qui sta la Sapienza! Chi ha intelletto computi il numero della bestia. Perché è il numero è dell’uomo (dell’umanità), e il suo numero è 666). Un’umanità perduta: pochissimi gli eletti che saranno salvati per aver appreso i loghia segreti di Gesù ed essersi comportati di conseguenza. Una speranza di salvezza che prefigura la predestinazione, anche se ciascuno di noi sarà giudicato secondo le proprie opere.
Straordinario e illuminante l’ultimo logos del Vangelo di san Tommaso dove a parlare eccezionalmente è l’apostolo Pietro, che esorta: “Maria (Maddalena) sia allontanata da noi, poiché le donne non sono degne della Vita!” Gesù gli risponde “Ecco, io la trarrò a me in modo di fare anche di lei un maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito vivo simile a voi maschi. Poiché ogni donna che diventerà maschio è degna di entrare nel Regno dei Cieli”.
Quante aberranti interpretazioni di questo passo! A cominciare da mito androgino platonico. Il messaggio è semplice: la donna, similmente all’uomo, è degna dell’illuminazione cristiana e merita d’intraprendere il viaggio iniziatico del soggettivo perfezionamento, che la conduce alla beatitudine della conoscenza divina rendendola simile agli uomini. La Maddalena non deve essere respinta, come propone non a caso Pietro e come continua la Chiesa trionfante, ma dev’essere accolta con la stessa dignità dell’uomo. Sono note, agli albori del cristianesimo, donne sacerdotesse raffigurate inequivocabilmente nelle catacombe.